Il fuoco, gli animali e Sant’Antonio Abate

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Sant’Antonio abate è considerato il protettore degli animali, in particolare dei maiali. Visse per cento anni una vita da anacoreta. Ancora oggi la sua devozione è molto sentita in tutta Italia. Viene festeggiato con la benedizione degli animali e con tradizionali falò accesi in suo onore.

I fuochi vengono accesi in ricordo della capacità del santo di evitare alle anime dei peccatori le fiamme dell’inferno. La leggenda vuole che il santo pur di salvare quelle anime dannate dalle grinfie del demonio, si recò personalmente all’inferno, riuscendo nel suo intento.

 Il falò più grande si trova in Puglia, a Novoli. La tradizionale e imponente focara alta 25 metri viene accesa il 17 gennaio, ma già nella sera della vigilia, le persone si radunano attorno ad essa per ballare e cantare. Quest’anno, date le restrizioni, il programma è di effettuare l’accensione senza pubblico.

Nato attorno al 250 a Coma, in Egitto, Sant’Antonio Abate visse da anacoreta gran parte della sua vita tra il deserto e il Mar Rosso. La sua santità e saggezza attiravano pellegrini da ogni dove, non solo dall’Oriente, che si recavano da lui in cerca di consiglio. L’esemplare vita di Sant’Antonio ci è stata raccontata da Sant’Anastasio, suo discepolo.

Il maiale è stato associato al santo per degli eventi successivi alla sua vita. In seguito alla scoperta del suo sepolcro nel 561, le sue reliquie iniziarono a viaggiare toccando vari luoghi nel corso dei secoli. Nel XI secolo si trovavano a Motte-Sanit-Didier, in Francia, dove venne costruita una chiesa per intitolarla proprio al santo abate. Molti dei pellegrini che si recavano in visita alla chiesa erano malati di ergotismo canceroso, conosciuto anche come “ignis sacer” a causa del bruciore causato dal morbo. Per prendersi cura di questi malati, si costituì un ospedale gestito dalla Confraternita religiosa degli ospedalieri detti appunti “Antoniani”. Nel tempo il villaggio in cui sorgeva l’ospedale fu chiamato Saint-Antoine di Viennois. La comunità allevava dei maiali, il cui grasso veniva usato per curare proprio l’ergotismo, che iniziò a prendere popolarmente il nome di “male di Sant’Antonio” e poi “fuoco di Sant’Antonio”.

Ed ecco come il santo eremita venne popolarmente associato al maiale, e poi per estensione a tutti gli animali domestici. Per questo viene rappresentato nell’iconografia classica, oltre che con il bastone a forma di T, tipico degli eremiti, accompagnato da un maialino con addosso un campanella (come ne avevano quelli degli Antoniani). Nel giorno a lui dedicato, era comune portare a benedire gli animali domestici e le stalle in cui in genere dimoravano.

Autore: Redazione