La Sacra Cintola, fulcro della religiosità di Prato

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La Sacra Cintola, chiamata anche Sacro Cingolo, è considerata la cintura della Madonna lasciata da lei stessa per confortare la sua fede, conservata nell’omonima cappella nella Cattedrale di Santo Stefano di Prato.

Si tratta di una sottile striscia lunga 87 centimetri di lana finissima di capra con trame discontinue in filo d’oro.

Papa Clemente IV sancì nel 1348 che la reliquia di Maria doveva appartenere sia al Comune che alla Diocesi: per aprire la custodia sotto l’altare ci vogliono tre chiavi, di cui due sono in possesso al Comune e la terza, la più importante, alla Diocesi.

Secondo la tradizione San Tommaso, incredulo dell’Assunzione in cielo di Maria, decise di aprire il sepolcro trovando solo la cintura del suo abito.

Questo episodio è stato rappresentato in numerose pale d’altare dedicati a San Tommaso, raffigurante la Madonna andante verso il cielo con la cintura che pende verso di lui, simbolo del legame fra l’uomo e la Vergine Maria.

Dopo la donazione della reliquia ad un sacerdote da parte di Tommaso, iniziò nel corso dei secoli una serie di vari passaggi di mano fino a quando giunse in possesso di un mercante di Prato che si trovava a Gerusalemme al seguito della prima crociata.

Quando quest’uomo tornò in patria, mise la reliquia in una cassapanca per tenere nascosto il tesoro.

Su punto di morte, il mercante rivelò l’importanza della preziosa cintura nascosta, donandola al magistrato civile, il quale decise di portarla all’altare maggiore del Duomo attraverso una processione cittadina.

Dopo un iniziale periodo di scetticismo, la reliquia venne mostrata al culto dei fedeli fino a diventare l’oggetto più prezioso dell’intera cittadinanza.

L’enorme devozione per questo tesoro si dimostrò nella rivolta del 1787 quando i cittadini assalirono il palazzo vescovile per “difendere” la cintura dalla decisione della curia episcopale di contrastare il culto delle reliquie.

La cintola divenne ben presto un oggetto di venerazione internazionale, oltrepassando le mura cittadine attirando fedeli e pellegrini da terre lontane come San Francesco, il Re Luigi d’Angiò, San Bernardino e alcuni Pontefici tra cui il più recente Papa Giovanni Paolo II.

La teca che contiene la reliquia è stata modificata nel corso dei secoli per migliorarla e per permette di vedere l’oggetto di culto senza toccarlo.

La versione attuale è stata realizzata dall’artista orafo a livello internazionale Paolo Babetto in oro bianco e argento dorato con pareti di cristallo.