Il 20 maggio la Chiesa celebra San Bernardino da Siena, un santo che non si limitava a predicare il Vangelo, ma lo gridava con l’anima, come un vento impetuoso capace di risvegliare anche i cuori più induriti. La sua figura è tutt’altro che polverosa: è viva, appassionata, quasi irruente. Un frate che scendeva nelle piazze e parlava alla gente come un fuoco che non brucia ma illumina.
Nato a Massa Marittima nel 1380 e cresciuto a Siena, Bernardino degli Albizzeschi era un giovane brillante, colto, ma anche profondamente tormentato dal desiderio di verità. Entrò nell’ordine francescano e, da quel momento, la sua voce diventò un’eco potente nelle città italiane del Quattrocento. Non aveva bisogno di microfoni né di palchi: gli bastava uno sgabello e il cielo sopra la testa. E da lì, con il suo stile diretto, vibrante, quasi teatrale, parlava al popolo di giustizia, di pace, di onestà, di amore per Cristo.
C’è qualcosa di profondamente moderno in lui. Non si limitava a condannare i peccati: li denunciava con parole taglienti, ma sapeva anche indicare una strada. Non era un predicatore che terrorizzava, ma che scuoteva. La sua campagna contro l’usura e la corruzione sembrerebbe scritta oggi. Ovunque andasse – Milano, Firenze, Perugia, Roma – le piazze si riempivano. La gente lasciava il lavoro, le botteghe, i mercati per ascoltarlo. Si racconta che fosse capace di parlare per ore sotto il sole cocente, e nessuno si muoveva.
Fu lui a diffondere il monogramma del Nome di Gesù, quel “IHS” circondato da un sole raggiante, simbolo che ancora oggi compare su chiese, altari e stemmi. Un segno semplice, ma fortissimo, che esprimeva il suo desiderio: mettere Cristo al centro della vita, visibile a tutti, come una fiamma in mezzo all’oscurità.
San Bernardino non fu un santo comodo. Ebbe nemici, fu accusato perfino di eresia, ma uscì sempre a testa alta, difeso dal popolo e anche dal papa. Morì nel 1444, consumato dalla fatica, dalla passione e da quel fuoco che lo bruciava dentro: l’amore per Dio e per la verità.
Oggi, nel suo giorno, il 20 maggio, non si celebra solo un predicatore. Si celebra un uomo che ha vissuto la fede come un’urgenza, come una necessità di gridarla al mondo intero. Un uomo che ci ricorda che la parola, se è autentica, può cambiare la storia. Che la fede, se è viva, non sta zitta. E che a volte, per accendere i cuori, basta una voce, purché venga dal profondo.