Storia del Santuario A poca distanza dal centro di Curtarolo (PD), quasi lambito dalle acque del fiume Brenta, sorge il rinomato Santuario della Beata Vergine Maria di Tessara. Per chi percorre la statale Valsugana, provenendo da Padova, il Santuario lo potrà trovare a destra imboccando la laterale Via Vittorio Veneto, mentre per chi da Padova transita lungo la statale del Santo raggiungerà il Santuario prendendo l'antica via Caltana e affiancando il noto e prestigioso Mulino Agugiaro. Il primo documento che ci parla di Santa Maria di Non, in cui viene menzionata anche Tessara, indicata come "villa" distinta e indipendente da S. Maria di Non, risale al 1130. Il fatto è importante perché permette di stabilire come anticamante le due ville - S. Maria di Non e Tessara - fossero distinte e indipendenti e forse divise tra loro dal fiume Brenta, che un tempo formava una grande ansa scorrendo più a est dell'attuale chiesa di Tessara. Il toponimo Tessara deriverebbe da "taxus"(anticamente si chiamava Taxare) e starebbe ad indicare una località boscosa dove si trovavano con abbondanza piante di tasso. Non è possibile conoscere, causa la scarsezza e l'aridità dei documenti dell'epoca, la data esatta d'inizio della costruzione della Chiesa di Tessara, avente per titolare fin dall'origine, il monaco benedettino Sant'Egidio, nato ad Atene in Grecia e morto in Francia (la scelta di questo Santo come Patrono della chiesa pare per certo sia dovuta al fatto che la chiesa di Tessara fosse legata, anticamente, ad un monastero benedettino). Gli storici pensavano infatti che la Chiesa di Tessara fosse l'avanzo di un monastero benedettino che esisteva prima del sec. XIIIº e che poi fu distrutto dal tiranno Ezzelino da Romano. In epoca precedente al 1433 la chiesa di Tessara fu unita a quella di Santa Maria di Non. Dopo l'unione le due chiese ebbero un unico rettore e la cura d'anime venne svolta prevalentemente nella chiesa di S. Maria. Nel 1506, su intervento del Cardinale veneziano Pietro Bembo, (che villeggiava a S. Maria di Non e durante i periodi che trascorreva in questo paese si recava spesso alla chiesa di Sant' Egidio come meta delle sue passeggiate) papa Giulio IIº diede le due chiese in patronato alle monache Benedettine di Santa Croce della Giudecca a Venezia. Le monache così,acquisirono il diritto di eleggere il Rettore della Chiesa di Tessara ; erano tenute anche al restauro della stessa chiesa concorrendovi per un terzo, mentre per il rimanente doveva provvedervi la Comunità di Non. Nella seconda metà del 1500 la chiesa di Sant'Egidio fu abbandonata, forse per incuria, forse perché tutti i redditi erano assorbiti da quella di S. Maria di Non, divenuta col tempo chiesa parrocchiale. La chiesetta, resa ormai addirittura inagibile, necessitava di urgenti e radicali restauri. Così nella sua visita pastorale del 15 marzo 1602 il vescovo di Padova, Marco Cornaro, ordinò perentoriamente per quel Santuario ormai in sfacelo diversi lavori, fra cui una nicchia nel lato nord, da coprirsi con un velo di seta, per collocarvi la statua della Madonna che era sull'altare e dispose che al suo posto fosse collocata l'immagine di Sant' Egidio, il vero originario protettore della chiesa. Malgrado queste severe disposizioni i lavori non furono eseguiti celermente, tanto che nella sua visita del 1614 il vescovo Cornaro, constatato che poco era stato fatto e anzi il tetto sopra l'altare era rotto e aperto, ordinò immediatamente l'interdizione della chiesa finché questa non fosse stata rimessa in ordine. I lavori furono allora ripresi e portati a termine con esclusione però dello spostamento della statua della Madonna: ciò per evitare la protesta dei fedeli. Evidentemente il culto della Madonna di Tessara fu inizialmente dovuto alla spontaneità popolare, ma tardò ad essere riconosciuto dalle autorità religiose. Ed è grazie a questo culto mariano che la chiesa di Tessara ritrovò nel XVIIº secolo un nuovo impulso di fede di partecipazione da parte di numerosi devoti, tanto che si ritenne conveniente e doveroso procedere ad ulteriori lavori di manutenzione e di abbellimento di quel luogo sacro. Lo stesso Santo vescovo di Padova, Gregorio Barbarigo, il 12 ottobre 1669 raccomandava al Parroco di S. Maria di Non una maggiore cura della chiesa di Sant'Egidio e, nell'affidargli la piena custodia di questo Santuario, gli ordinava di acquistare la pietra sacra e la messa in opera delle finestre con vetri. Fu proprio in questo periodo che il vecchio altare fu sostituito da uno nuovo di marmo pregiato. Circa un secolo più avanti, dopo la costruzione del campanile, il rettore Pietro Alberti ordinava, precisamente nel 1784, tre campane,che puntualmente un anno dopo la ditta Colbachini di Ongarano consegnava alla venerabile chiesa. Delle campane originarie ne esiste ora una soltanto, che porta la seguente scritta "Virgo advocata nostra defende a malis omnibus" "O Vergine, avvocata nostra, difendici da ogni male". Le altre due campane furono fuse per fare quella seconda campana che attualmente si trova sul campanile. Altri significativi ed oculati interventi di restauro, di ampliamento e di decoro furono portati avanti a metà del secolo XIX dal parroco don Andrea Scotton, successivamente -dal 1938 al 1949- dal parroco don Ernesto Garavello e più recentemente, nel 1983, dal parroco Don Tranquillo Mattarello affiancato dall'Architetto Guido Visentin. La chiesa, con pianta a T e ad una navata, è lunga attualmente metri diciassette, fino al presbiterio e larga circa metri sette. Ha pure due transetti laterali all'altare, di circa metri dieci ciascuno. Nella facciata, sopra la porta, si legge questa scritta : " Indulgenza quotidiana plenaria", anche se nessun documento prova la concessione di tale indulgenza.
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