La vita e la Regola di San Benedetto da Norcia

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Fratello di Santa Scolastica, nacque intorno al 480 d.C da una famiglia benestante romana, trascorrendo i suoi primi anni d’infanzia nella città nativa di Norcia.

Mandato a Roma con la sorella per compiere studi letterali, sconvolto dalla vita dissoluta della città, fuggì ritirandosi all’età di 17 anni presso una cittadina nella Valle del fiume Aniene, dove secondo una leggenda, compì il miracolo riparando un vaglio rotto della sua nutrice.

Proseguì il suo cammino verso la Valle di Subiaco, facendo la conoscenza di un monaco di un vicino monastero che lo vestì con abiti monastici, indicandogli una grotta dove San Benedetto visse come eremita per 3 anni, fino a Pasqua del ‘500.

Conclusa l’esperienza eremitica, rischiò di morire a causa di una coppa di vino avvelenato dai monaci, ai quali aveva accetato di guidarli spiritualmente in un ritiro cenobitico.

Tornato a Subiaco per predicare la Parola del Signore, accolse numerosi discepoli, creando una vasta comunità di 13 monasteri con altrettanti monaci e l’abate.

Dopo aver subito un altro tentativo di avvelenamento, si diresse verso Cassino dove fondò, sopra una altura su dei resti dei templi pagani, il Monastero di Montecassino.

Dopo giorni di frebbe altissima, San benedetto morì nel Marzo del 547, circa dopo quaranta giorni la morte della tanto amata sorella, con la quale ebbe una sepoltura comune.

I giorni di celebrazione del Santo sono diversi sia per i monaci, sia per la Chiesa cattolica che ortodossa.

La Regola di San Benedetto venne composta a Montecassino, prendendo spunto da regole precedenti, in particolare quelle del monaco San Giovanni Cassiano e del vescovo teologo San Basilio.

Sintesi del Vangelo, la Regola diede un organizzazione ben precisa della vita dei monaci, dando nuovi e autorevoli concetti alla complessa, vaga e imprecisa precettistica monastica.

La Stabilitas Loci rappresenta il primo punto cardine con l’obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero, evitando così serie di vagabondaggio (al tempo molto diffuso).

Il secondo punto, la Conversatio, richiede la buona condotta morale, pietà reciproca e soprattutto l’obbedienza all’abate, il “padre amoroso” di una famiglia ben ordinata, il quale coordina le attività nel segno del motto “Ora et Labora”.

Ogni monastero che segue la Regola viene definito benedettino con autonomia dettata dall’autorità del proprio abate, riunendosi anche in organizzazioni monastiche, come quella cassinense o subiacense.