Papa Gregorio I, santo e dottore della Chiesa

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Oggi 3 Settembre (stesso giorno della sua ordinazione) si ricorda San Gregorio Magno, un uomo dotato di una grandissima forza morale fondata nel Cristianesimo in un corpo minuto e sempre malato.

Nato da Santa Silvia e dal Senatore romano Giordano, fu un devoto ammiratore e biografo di San Benedetto da Norcia anche lui appartenente alla Gens romana degli Anicii.

Seguendo le gesta di Benedetto, si fece monaco rinunciando all’altissima carica pubblica trasformando i suoi possedimenti in monasteri dedicati all’assistenza dei più bisognosi, anche nella propria abitazione sul colle Celio abitandoci fino alla nomina di diacono di Roma.

In questa sua vita cenobitica si dedicò molto intensamente alla contemplazione dei misteri di Dio e nella lettura della Bibbia.

Papa Pelagio II lo inviò come aprocrisario presso la Corte di Costantinopoli per chiedere aiuto nel contrastare l’invasione dei Longobardi ma ben presto lo fece tornare perché ritenuto inadatto per la missione.

Una volta di ritorno a Roma, decise di continuare ad aiutare i bisognosi nella sua casa oramai monastero fino alla morte del Papa quando fu chiamato al soglio pontificio.

In uno scenario di entusiasmo dei credenti nel volerlo come nuovo Papa, Gregorio era inizialmente molto contrario alla sua elezione che risultò forzata nel 590 ma l’idea di poter svolgere un ruolo guida nella fede dell’intera umanità lo aiutò nell’accattare.

Nonostante il suo fisico esile e malato, come Papa si dimostrò uomo di azione, energico pratico e intraprendente, attento a tutte le necessità.

Nelle questioni sociali e politiche riguardanti il supporto dei bisognosi e la loro protezione, incaricò dei monaci benedettini di prendere il posto di alcuni uomini delle Curia Romana che avevano interessi diversi da quelli spirituali e caritatevoli.

Invece nelle questioni interne alla Chiesa utilizzò i beni propri e quelli derivanti da donazioni private non a favore di vescovi e diaconi ma bensì per il popolo di Roma che secondo lui era oppresso da un grande senso di dolore.

Realizzò una serie di provvedimenti intensi nella riordinazione dell’istituzione monastica con una autonomia giuridica più evoluta senza subire l’ingerenza dei vescovi, regolamentando anche i rapporti tra vita monacale e quella familiare con più diritti per la seconda.

Inoltre decise di togliere dai tribunali civili gli ecclesiastici dai quali mancava la fiducia poiché facilmente corruttibili.

Quasi mille lettere e altrettante omelie al popolo ci documentano della sua attività nel riorganizzare la liturgia romana avendo una certa attitudine ai Testi Sacri.

A tal proposito introdusse una modalità di canto tipicamente liturgico e rituale che prese da lui il nome “gregoriano”, adottato successivamente dalla Chiesa cattolica con l’ampliamento della Schola Cantorum.

Scrisse numerose opere di vario genere come “Liber Regulae Pastoralis” in cui enunciava la vita e l’opera del vescovi, “Commenti alla Bibbia”, “Vita di San Benedetto” e “Sacramentarium Gregoriarum” con cui riformò il canone della messa più semplice ma più solenne.

Morì nel 604 dopo aver sofferto per molti anni di gotta e fu sepolto nella Basilica di San Pietro.