Santa Rebecca 23 marzo

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Oggi 23 marzo la chiesa cattolica festeggia Santa Rebecca, nata il 29 giugno 1832 a Himlaya (in Libano), morta il 23 marzo a Batrun e proclamata santa da Giovanni Paolo II.

Boutrossieh Ar-Rayès, questo il suo nome di battesimo, era di umili origini, i genitori erano contadini. Rimasta orfana di madre all’età di 7 anni. Fu mandata a Damasco per lavorare come domestica, ritornò dopo 4 anni in Libano dove trovò il padre risposato. All’età di 15 anni era già molto bella, dal carattere mite e socievole e con una profonda religiosità.

Nella casa paterna regnava la discordia poiché la matrigna voleva farle sposare il proprio fratello, mentre una zia materna l’aveva promessa a suo figlio. Fu così che, nonostante i tentativi di dissuasione del padre, la ragazza decise di entrare in convento nella congregazione religiosa delle Figlie di Maria.

A 24 anni Boutrossieh prese i voti perpetui nel monastero di Nostra Signora della Liberazione. Scelse di chiamarsi Anissa (in lingua italiana Agnese). Studiò per diventare maestra elementare e insegnante di religione, dedicandosi nel contempo alla cura dei bisognosi. Trasferita dopo alcuni anni nel convento dell’Ordine Libanese Maronita. Il 25 agosto del 1872 prese i voti solenni, assumendo il nome di suor Rebecca, come sua madre.

Fu colpita da una grave malattia che la condusse alla paralisi quando si trovava nel monastero di San Giuseppe di Jrabta a Batrun   nei presi di Beirut, nel 1897. Sebbene gravemente malata, non smise mai di portare il suo aiuto alle consorelle. Offriva al Signore le sue sofferenze, fino al giorno della sua morte. Giovanni Paolo II la proclamò santa il 10 giugno del 2001, in Piazza San Pietro. Le sue eroiche virtù: obbedienza alle Regole, l’assiduità nelle preghiere, oltre al grandissimo spirito di abnegazione.

Santa Rebecca vergine, è un esempio per tutti, non solo per i cristiani. Proprio l’accettazione assoluta della sofferenza a caratterizza il messaggio universale della santa. A chi le chiedeva sul suo stato di salute,  Rebecca rispondeva:

 “Ciò che viene da Dio va accettato con completa rassegnazione, sottomissione e gratitudine. Il vasaio è padrone della creta. Sia fatta la sua volontà. Qualsiasi cosa faccia di me, sono contenta di espiare i miei peccati. Se sloga le mie ossa e le frantuma, sia fatta la sua volontà”.